Mercoledì 22 ottobre,
secondo Foto-lounge della stagione al Geranio, incentrato questa
volta su Henri Cartier-Bresson e sulle fotocamere Leica. Ospite
d'eccezione e relatore appassionato e instancabile della serata: Giacomo Marcucci, fotografo, photo editor e docente di fotografia.
Innanzitutto, per i pochi
che ancora non lo sapevano (come me, forse solo io, mi vergogno
tantissimo ora che lo so), Leica è un marchio tedesco e quindi si
pronuncia "Laica".
Ebbene, questa macchina –
con un nome che sembra quello di una cagnolina – ha rivoluzionato
la storia della fotografia e quest'anno festeggia il suo centenario.
Piccola, maneggevole e
discreta rispetto alle più ingombranti e vistose fotocamere
dell'epoca, inizia il suo percorso per la prima volta nel 1911 come
fotocamera a pellicola 24x36. Ma è nel 1914, progettata
dall'ingegnere Barnack, che nasce la fotocamera la pellicola da 35 mm,
con otturatore sul piano focale e obiettivo 50 mm: la
capostipite di tutta la produzione successiva. Da qui in poi,
prosegue la lunga evoluzione di questo gioiello della meccanica, che ha
permesso di unire qualità dell'immagine e ridotte dimensioni con un'affidabilità e un'efficienza fino ad allora
inimmaginabili.
Marcucci ci ha mostrato vari modelli illustrandone le caratteristiche tecniche: una
gran goduria per i fotografi presenti. Per i non fotografi, l'apertura a un mondo di
termini finora sconosciuti, come telemetri, tendine (non quelle della finestra di casa), ottiche a baionetta.
Leica e Cartier-Bresson
costituiscono un binomio quasi inscindibile, ed è stato davvero interessante
scoprire come l'apparecchiatura possa influire e addirittura essere
determinante per lo stile di un fotografo.
La caratteristica
principale di questo maestro del novecento, considerato uno dei primi
fotoreporter della storia, è stata quella di riuscire a cogliere
l'attimo, di scattare la foto in un preciso istante, veloce come un predatore
quando avvista la sua preda. Come per sferrare un attacco. Come il cacciatore che, vedendo un'anatra,
deve stare attento a non far percepire la sua presenza né
alla vista, né all'udito, né all'olfatto. Cartier-Bresson riteneva
che il fotografo non dovesse essere notato dai soggetti che
fotografava, ma rendersi invisibile e questo gli è stato possibile grazie alla capacità mimetica
della Leica, maneggiabile con una sola mano, piccola, quasi
silenziosa e rapida nello scatto.
A un certo punto della
serata, tra i modelli di fotocamere e le imprese di Cartier-Bresson
c'è stata l'immancabile pausa pizza, con divoramento di tranci chi
di margherita, chi di funghi e prosciutto, chi di combinazioni più
fantasiose. Mangiando con le mani, tra forme di socializzazione sparsa e
selvaggia e distribuzione di birra e supplì.
Per poi rituffarci fino
a tardi nella storia della fotografia del novecento.
Insomma, in estrema sintesi, è stato un
Foto-lounge davvero coinvolgente e traboccante d'informazioni.
Grazie a Giacomo
Marcucci, che con grande passione, conoscenza e dovizia di
particolari (insieme ad alcune performance indimenticabili, come le
imitazioni del francese Cartier-Bresson) ci ha raccontato un pezzo così importante della storia della fotografia.
Grazie a Salvatore Sanna,
fotografo e docente di fotografia, che è sempre presente e ci supporta (e
sopporta) nelle varie iniziative come un nume protettore.
Grazie a Damiano Rosa,
fotografo e docente della scuola di fotografia del Geranio, che
organizza questi incontri (gratuiti e aperti a tutti, lo ricordiamo)
per arricchire sempre di più le nostre conoscenze e aumentare la nostra curiosità.
Grazie pure a Massimo
Boresti, collaboratore agli eventi fotografici, che è arrivato in
ritardo, ma non per colpa sua.
Grazie infine a tutti gli amici che hanno partecipato con tanta attenzione e interesse.
Il prossimo appuntamento è con Fotocenando, sabato 1°
novembre. Sempre al Geranio. Sempre a Centocelle, Roma, in the world.
Foto: DAMIANO ROSA
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